Si consideri il problema già posto in precedenza di un serbatoio, schematicamente rappresentato in figura, in cui sia contenuto un gas avente inizialmente una pressione poi, e al quale sia collegato un ugello convergente che scarichi in un ambiente alla pressione pa.
Se il volume dell’ugello è molto minore di quello del serbatoio, durante lo svuotamento di quest’ultimo, il moto nell’ugello può essere considerato quasi-stazionario, seppure con una pressione di ristagno po variabile nel tempo.
Ritenendo valida anche l’ipotesi di moto quasi unidimensionale nell’ugello, poichè il volume del serbatoio è costante, l’applicazione della legge di conservazione della massa al sistema costituito da serbatoio più ugello conduce all’equazione:
Si supponga inizialmente valida la relazione poi/pa>>1 per cui, durante lo svuotamento del serbatoio fino a che la po/pa sarà maggiore della po/p*, il moto del fluido nella sezione di uscita dell’ugello si potrà considerare sonico.
Per l’ipotesi fatta e assumendo il modello di gas più che perfetto, il secondo termine della relazione precedente può essere valutato mediante la:
per cui detta relazione diventa:
Nel derivare le precedenti relazioni, per la valutazione dell’integrale di volume della:
si sono trascurate le variazioni della densità in prossimità dell’ugello, ossia la densità è stata posta ovunque uguale a quella di ristagno (nel serbatoio). Inoltre si è fatto uso della:
valida per moti stazionari, perché nell’ugello il moto può essere considerato quasi-stazionario. Nell’equazione:
le quantità po, ro e ao sono tutte variabili nel tempo. Esse, comunque, non sono indipendenti tra loro sia perché per un gas più che perfetto:
sia perché è necessario fare un’ipotesi sul tipo di trasformazione termodinamica subita dal gas contenuto nel serbatoio durante il suo svuotamento.
Se il gas ha in partenza la stessa temperatura delle pareti del serbatoio, questa trasformazione sarà inizialmente adiabatica poiché il gas non è in grado di scambiare calore con il serbatoio stesso.
La progressiva diminuzione della pressione nel serbatoio provocherà, però, una progressiva diminuzione della temperatura che, dando luogo ad uno scambio termico tra il serbatoio ed il gas, tenderà successivamente a mantenere quest’ultimo isotermo, sia pure ad una temperatura inferiore a quella iniziale.
Questa condizione sarà raggiunta tanto prima, e con una differenza di temperatura tanto minore, quanto più elevati sono il rapporto superficie/volume del serbatoio ed il rapporto tra la capacità termica del serbatoio e quella del gas.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui il serbatoio sia costituito da una tubazione abbastanza lunga per il quale la trasformazione diverrà rapidamente isoterma.
Si può quindi concludere che i due casi limite della trasformazione termodinamica del gas all’interno del serbatoio sono la trasformazione isoterma e la adiabatica reversibile.
Per quanto riguarda in particolare la trasformazione isoterma, la:
diventa una semplice equazione differenziale del primo ordine alle derivate ordinarie a variabili immediatamente separabili. Infatti si ha:
o in altra forma:
per cui, separando le variabili:
e, integrando con la condizione iniziale po = poi, si ottiene l’espressione:
che può essere scritta anche come:
la quale finalmente rappresenta la soluzione cercata.
Tenendo conto che To = Toi, si possono ricavare anche i rapporti:
La quantità:
rappresenta la costante di tempo del fenomeno nel senso che per t = θ la pressione, la densità e la massa di gas nel serbatoio si sono tutte ridotte al 36.8% dei loro valori iniziali e la quantità -1/θ rappresenta la pendenza della curva che descrive il fenomeno sul piano po/poi - t all’istante iniziale t = 0.
Si vuole ora determinare l’andamento della pressione nel serbatoio nel caso in cui la trasformazione termodinamica all’interno di quest’ultimo sia adiabatica reversibile. In questo caso la:
diventa:
in cui, però, bisogna tener conto che sono variabili sia la pressione che la temperatura di ristagno. Queste ultime sono comunque legate tra di loro dalla:
valida per una trasformazione adiabatica reversibile.
In questo modo si può, ad esempio, esprimere la temperatura in funzione della pressione e calcolare le due quantità variabili della:
ovvero le relazioni:
e:
che sostituite nell’equazione in alto danno:
infine, semplificando, si ha:
L’integrazione della precedente equazione differenziale conduce alla relazione:
nella quale la costante può essere determinata imponendo che per t = 0 si abbia po = poi:
ottenendo infine:
Questa relazione esprime la legge secondo cui la pressione diminuisce nel serbatoio in funzione del tempo, qualora la trasformazione al suo interno sia adiabatica e reversibile.
La pendenza all’istante iniziale della curva che descrive il fenomeno sul piano po / poi – t si può ottenere calcolando la derivata rispetto a t per t = 0. Essa risulta pari alla quantità -γ / θi e cioè a γ volte l’analoga pendenza per il caso isotermo. Ciò à evidente anche dalla figura nella quale, per i due tipi di trasformazione, sono stati rappresentati gli andamenti di po / poi in funzione del rapporto adimensionale t / θi
Dal diagramma si nota che, per t/θi ≅ 1.95 nel caso dell’adiabatica e per t/θi ≅ 2.3 per l’isoterma, la pressione nel serbatoio si riduce a circa un decimo di quella iniziale.
La maggiore diminuzione iniziale della pressione di ristagno nel caso adiabatico è dovuta alla diminuzione della temperatura di ristagno che, facendo diminuire la ao, fa aumentare la portata di massa effluente dall’ugello.
Utilizzando le:
e la:
Si possono ricavare anche i rapporti delle altre grandezze termodinamiche in funzione del tempo:
Le formule esposte prima sono applicabili anche al caso di un ugello convergente divergente sostituendo all’area di uscita l’area di gola dell’ugello. La differenza tra i due casi consiste nel fatto che, mentre per l’ugello convergente la validità della trattazione è legata alla condizione:
per l’ugello convergente divergente deve essere:
Si supponga ora valida l’altra ipotesi sul valore della pressione iniziale all’interno del serbatoio e cioè:
In tale ipotesi, il moto nell’ugello si può ritenere incompressibile e la velocità nella sezione di uscita dell’ugello può essere calcolata mediante la:
per cui la in questo caso si ha:
Poiché:
e:
si ha:
Ora, nell’ipotesi di temperatura T0 costante nel serbatoio, la precedente diventa:
Dividendo per pa e ponendo:
si ottiene:
che integrata con la condizione iniziale π =πi per τ = 0 dà luogo a:
ovvero esplicitando il rapporto p in funzione di τ:
ed infine:
Si ricava facilmente che il tempo necessario per il quale la pressione nel serbatoio diventi uguale a quella atmosferica è dato da:
Nella figura è riportato l’andamento del rapporto in funzione del tempo adimensionale per il caso particolare di
Nella stessa figura è anche riportato lo stesso andamento nell’ ipotesi di espansione adiabatica (e non isoterma) all’interno del serbatoio e valutando la portata effluente dall’ugello mediante la formula esatta:
Per questa seconda condizione, il tempo di riferimento è stato calcolato alla Toi poiché la temperatura di ristagno (nel serbatoio), sia pure debolmente, varia a causa dell’espansione adiabatica.
Anche in questo caso, come nel precedente, l’espansione adiabatica conduce ad uno svuotamento più rapido del serbatoio.
In quel caso è stato implicitamente supposto che l’onda si trovasse in equilibrio stabile.
Sarebbe invece sbagliato pensare che un’onda d’urto normale sia stabile anche in un condotto convergente.
In questo contesto si analizzerà brevemente la stabilità di un’onda d’urto in un condotto avente sezione ad area variabile.
Le ipotesi su cui si basa la trattazione sono quelle di moto quasi unidimensionale, quasi stazionario e di moto isoentropico, tranne che attraverso l’onda d’urto stessa.
Per verificare che un’onda d’urto sia in equilibrio stabile in un condotto divergente, si supponga che, come mostrato in figura, essa si trovi inizialmente in una situazione di equilibrio nella sezione e. Il moto è inizialmente supersonico, l’onda d’urto normale genera la compressione pB / pA che lo rende subsonico.
La successiva ricompressione nella restante parte del divergente porta il fluido alla pressione pu, uguale alla pressione ambiente pa esistente all’uscita del condotto, che verrà supposta costante.
Nella figura sono mostrati in basso i diagrammi di pressione relativi alle diverse posizioni dell’onda d’urto.
Si supponga ora che l’onda, per qualche motivo, si sposti leggermente a valle nella sezione a (in avanti).
Si vede che, per questa posizione dell’onda (sezione a), la pressione p”u all’uscita del condotto divergente è minore della pressione ambiente pa.
In condizioni stazionarie, tuttavia, la pressione all’uscita deve essere uguale a pa e non può essere influenzata dalla posizione dell’onda.
Infatti, poiché il moto all’uscita dell’ugello è subsonico, la pressione deve soddisfare, ivi la condizione di Kutta e la relativa curva di funzionamento è sempre quella che passa per pu.
In questa condizione il moto nel divergente è necessariamente instazionario poichè il rapporto di pressione (pC“/pA“) che l’onda, nella sezione a, deve garantire per poter arrivare alla pu, è maggiore di quello che si avrebbe se l’onda fosse in condizioni stazionarie (pB“/pA“).
Per garantire questo maggiore rapporto di pressione, il numero di Mach effettivo a monte dell’onda (quello relativo ad un sistema di riferimento che si muove con l’onda) deve essere quindi maggiore.
Evidentemente, se l’onda si muovesse verso valle, cioè nella stessa direzione della corrente, quest’ultima dovrebbe raggiungere l’onda ed il numero di Mach effettivo si ridurrebbe, mentre accadrebbe il contrario se l’onda si muovesse verso monte.
La necessità di un aumento del Mach effettivo provoca, quindi, un moto dell’onda che la riporta verso monte e cioè verso la posizione e di equilibrio.
In un condotto divergente, l’onda è in definitiva stabile per tutti i piccoli spostamenti verso valle.
Il caso opposto (piccolo spostamento dell’onda verso monte, indietro, nella sezione i) risulta del tutto analogo.
Quando il condotto è convergente l’andamento della pressione è completamente differente, come mostrato in figura.
Essendo il fluido inizialmente in moto supersonico, la pressione dapprima aumenta per la diminuzione del numero di Mach dovuta al restringimento della sezione.
A valle dell’onda d’urto normale il moto diventa subsonico e successivamente la pressione tende a diminuire per la diminuzione di area.
Si supponga nuovamente che l’onda d’urto si trovi in equilibrio nella sezione e.
Un eventuale spostamento dell’onda d’urto dalla sezione e a quella avanti (a valle), sempre indicata con a, provocherebbe un innalzamento della pressione p”u all’uscita del condotto rispetto a quella ambiente, cosa che per quanto prima detto non può verificarsi.
Quindi in questo caso il salto di pressione che l’onda dovrebbe garantire nella sezione a (pC“/pA“) è minore di quello che si avrebbe se l’onda fosse in condizioni stazionarie (pB“/pA“).
L’onda d’urto dovrebbe, di conseguenza, continuare a muoversi verso valle per poter ridurre il numero di Mach effettivo della corrente che la attraversa.
Essa verrebbe quindi ingoiata.
Viceversa, uno spostamento dell’onda d’urto verso monte, indietro, provocherebbe una diminuzione della pressione p’u all’uscita del condotto rispetto a quella ambiente, cosa non possibile.
Il rapporto di pressione che l’onda, nella sezione i, dovrebbe garantire (pC‘/pA‘) è maggiore di quello che si avrebbe se l’onda fosse in condizioni stazionarie (pB‘/pA‘).
L’onda d’urto dovrebbe quindi continuare a muoversi verso monte aumentando così il numero di Mach effettivo della corrente che la attraversa.
Essa verrebbe, quindi, espulsa dal condotto.
Quanto detto mostra che, in un condotto convergente, l’onda d’urto è instabile per piccoli spostamenti sia in avanti che indietro e che quindi tende rispettivamente, o ad essere ingoiata a valle, ovvero ad essere espulsa a monte.
L’analisi della stabilità di un’onda d’urto in condotti a sezione variabile può essere eseguita, partendo dai diagrammi delle due figure, anche in altro modo ipotizzando che, dopo l’onda, il moto segua la distribuzione di pressione nel condotto ad essa corrispondente in moto stazionario.
Nel caso di un condotto divergente si è visto che uno spostamento dell’onda nella sezione a provocherebbe una diminuzione della pressione p’ ‘ u all’uscita del condotto.
Se ciò avvenisse, come già detto, nella sezione di uscita si avrebbe la presenza di un’ulteriore onda d’urto che si propagherebbe verso monte perché il moto è subsonico. Questa onda farebbe accelerare il fluido nella direzione di propagazione rallentandolo e causando, così, anche il ritorno dell’onda d’urto nella posizione di equilibrio.
Di converso, lo spostamento verso monte dell’onda provocherebbe un aumento della pressione d’uscita rispetto a quell’ambiente e, quindi, la formazione di un treno di onde d’espansione che propagandosi verso monte, farebbe accelerare il fluido verso valle.
Per un condotto convergente il discorso è del tutto simile; l’aumento della pressione p’ ‘ u all’uscita del condotto, per uno spostamento dell’onda d’urto in avanti (sezione a), provocherebbe la formazione di un ventaglio d’espansione che, propagandosi verso monte e facendo accelerare il fluido nella direzione opposta a quella della sua propagazione, causerebbe anche l’allontanarsi dell’onda d’urto dalla posizione d’equilibrio.
Il contrario accadrebbe nel caso di una perturbazione dell’onda d’urto che la spostasse verso monte.