Dalla definizione di condizione di ristagno, applicando l’equazione di conservazione dell’energia:
trascurando il termine gravitazionale e considerando il moto omoenergetico, per un fluido avente velocità V e livello entalpico h, quando si rallenta il fluido sino a velocità nulla si raggiunge l’entalpia totale, o di ristagno:
La quantità h è chiamata entalpia specifica sensibile, o statica.
La quantità H è chiamata entalpia specifica totale, o di ristagno.
Si possono definire, in generale, condizioni statiche di una corrente quelle misurate con uno strumento che si muove alla velocità del fluido, cioè con uno strumento rispetto al quale il fluido è fermo.
La relazione H = h + V2/2 esprime in particolare il concetto che, se una corrente avente un’entalpia specifica h e una velocità V (punto A) viene rallentata fino a velocità nulla mediante una trasformazione adiabatica e anergodica (punto o), la sua entalpia specifica aumenta della sua energia cinetica specifica (per unità di massa) V2/2.
Occorre notare che, nel rallentamento del fluido, la trasformazione espressa dalla H = h + V2/2 potrebbe non essere necessariamente isoentropica, così come imposto dalla definizione di condizione di ristagno (punto o’), potendo l’entropia in questo caso solo aumentare per produzione.
Non può, ovviamente, diminuire perché la trasformazione è adiabatica.
La sola condizione necessaria alla H = h + V2/2 è, quindi, l’omoenergeticità della trasformazione.
La condizione di isoentropicità è peraltro necessaria per poter determinare tutti gli altri parametri termodinamici di ristagno (ad es. la po).
Per gas più che perfetto, h = cpT e cp = γ R / (γ - 1), per cui si ha:
Poiché, per un gas più che perfetto il quadrato della velocità del suono laplaciana è dato da:
ricordando la definizione del numero di Mach (laplaciano) , si ottiene:
espressione che dà l’entalpia totale in funzione di quella statica e del numero di Mach per gas più che perfetto.
Questa relazione mostra che l’importanza relativa del termine cinetico rispetto a quello relativo all’entalpia sensibile, è misurata dal quadrato del numero di Mach.
In una corrente a basso numero di Mach l’entalpia di ristagno praticamente coincide con quella sensibile.
Ad esempio in una corrente di aria (γ = 1.4) a M = 0.1 (che a temperatura ambiente corrisponde ad una velocità di circa 120 km/h), l’entalpia di ristagno è superiore a quella sensibile di appena 0.002 (cioè il 2 per mille).
Correnti di questo tipo vengono dette microsoniche, o iposoniche.
In una corrente ad elevato numero di Mach, l’entalpia di ristagno risulta di gran lunga maggiore di quella sensibile, il cui contributo potrebbe essere, al limite, trascurato.
Ad esempio in una corrente di aria a M = 10, risulta che l’entalpia sensibile rappresenta appena il 4,8% dell’entalpia totale (1/21).
Correnti di questo tipo vengono dette ipersoniche.
Per un gas più che perfetto uguagliando le relazioni:
e:
si ricava:
Come già detto, il quadrato del numero di Mach può essere pertanto considerato proporzionale al rapporto tra l’energia cinetica ordinata V2/2 e quella disordinata h.
Nel caso di gas più che perfetto, la temperatura di ristagno, o totale, To è immediatamente derivabile dalla relazione H = h + V2/2 dividendo entrambi i membri per cp:
ovvero, in termini di numero di Mach, dalla relazione:
dividendo sempre per cp:
Le considerazioni già fatte per l’entalpia totale (per bassi e alti numeri di Mach) possono essere identicamente riproposte per la temperatura di ristagno (o totale) To.
La temperatura T è detta temperatura statica, o sensibile, della corrente.
Quest’ultima può essere anche definita come la temperatura misurata da un termometro che viaggia alla stessa velocità della corrente.
Dalla relazione fondamentale entropica per un gas più che perfetto:
per una trasformazione isoentropica:
e, ricordando che u= cvT, si ricava:
per cui, sostituendo nella:
si ottiene l’espressione della densità di ristagno, o totale, ρo in funzione di quella statica:
Sostituendo nella:
la prima equazione di stato p = ρRT di un gas più che perfetto, si ottiene il rapporto tra la pressione di ristagno, o totale, po e la pressione statica p della corrente:
ovvero:
Anche la pressione statica p è quella misurata da un manometro che viaggia alla stessa velocità della corrente.
Sviluppando in serie di Mac-Laurin l’espressione della pressione di ristagno:
per bassi numeri di Mach, si ottiene:
od in altra forma:
Poiché la quantità:
si ha:
Per M << 1, questa formula coincide con quanto si ricaverebbe dall’applicazione dell’equazione di Bernoulli (per moti incompressibili) senza il termine ρg z:
Si può concludere che un moto omoenergetico (adiabatico e anergodico) e isoentropico, a basso numero di Mach si può considerare incompressibile.
La quantità ρV2 / 2 è spesso chiamata pressione dinamica della corrente.
Il rapporto:
è definito come fattore di compressibilità del moto.
Per moti incompressibili (M << 1) si ha, ovviamente, Fc = 1.
In condizioni omoenergetiche e stazionarie, si ha:
La massima velocità raggiungibile da un gas che possiede un’entalpia totale pari ad H, detta anche velocità limite, o velocità massima, è data da:
che corrisponde alla condizione per la quale si annulla l’entalpia sensibile h = 0. Si noti come la precedente relazione ricordi la ben nota formula di Torricelli:
che esprime la velocità raggiunta in un moto incompressibile sotto un battente di pressione H.
In quel caso, infatti, l’energia potenziale trasformata dal fluido in energia cinetica, per unità di massa, è gH mentre in questo caso è H.
Osservando inoltre che per un gas più che perfetto:
si ha:
e quindi:
in cui ao rappresenta la velocità del suono laplaciana in condizioni di ristagno, per cui l’equazione:
diventa l’equazione di un’ellisse in forma canonica:
Questa equazione rappresenta la cosiddetta ellisse delle velocità raffigurata, per il quadrante di interesse, nella figura a lato. Si ritrova ovviamente che:
È interessante notare come all’aumentare della velocità V, la velocità del suono a diminuisca e viceversa.
Nella figura è anche indicata la bisettrice del quadrante, di equazione V = a, che corrisponde alle condizioni soniche per le quali si ha M = 1. Per tali condizioni la velocità del fluido V* , coincide con quella del suono a* pari a:
Le condizioni termofluidodinamiche corrispondenti a M = 1 sono generalmente indicate con l’apice * e sono dette condizioni critiche.
Poiché M = V/a = cotgδ , la zona dell’ellisse a sinistra della retta M = 1 corrisponde a condizioni di moto subsonico (M < 1) mentre quella a destra a moto supersonico (M > 1).
Nell’ambito di queste due zone si possono riconoscerne altre due: una per numeri di Mach molto bassi, già detta di moto iposonico, e l’altra per numeri di Mach molto alti, già detta di moto ipersonico.
La zona a cavallo della retta M = 1 è detta di moto transonico.
La prima zona (iposonica), che corrisponde al tratto di curva a sinistra dell’ellisse delle velocità dove è possibile approssimare l’ellisse stessa con la sua tangente (orizzontale) nel punto di intersezione con l’asse delle a, è caratterizzata dal fatto che il fattore di compressibilità del moto è molto prossimo all’unità (per M = 0.2 → Fc = 1.010) e quindi il moto, se è anche omoenergetico e reversibile, può essere considerato incompressibile.
La seconda zona (ipersonica), che corrisponde al tratto di curva a destra dell’ellisse delle velocità dove è possibile approssimare l’ellisse stessa con la sua tangente (verticale) nel punto di intersezione con l’asse delle V, è caratterizzata dal fatto che l’energia cinetica ordinata è molto maggiore di quella disordinata h.
Va qui comunque osservato che, nel caso di moto ipersonico, gli effetti di gas reale possono diventare molto importanti per cui occorre abbandonare l’ipotesi di modello di gas più che perfetto.
Sia dato un piccolo disturbo di pressione che viaggia in un condotto alla velocità a (a sinistra) attraverso un fluido in quiete. Nel nuovo sistema di riferimento (avente velocità - a rispetto al primo), il disturbo di pressione si può fermare (a destra).
L’equazione di conservazione della massa, per moti stazionari, in forma differenziale:
tenendo conto che V = – a, dà luogo a:
Trascurando la forza peso, l’equazione del bilancio della quantità di moto:
tenendo ancora conto che V = – a, conduce a:
Eliminando tra la (a) e la (b) la quantità dV, si ottiene:
dV positivo (corrente che rallenta) dà dp e dρ positivi (compressione) e viceversa.
La velocità di propagazione dei piccoli disturbi di pressione (del suono) newtoniana è definita dalla relazione:
La velocità di propagazione dei piccoli disturbi di pressione (del suono) laplaciana è definita dalla relazione:
Si hanno, quindi, almeno due diverse velocità caratteristiche di propagazione dei piccoli disturbi di pressione.
Delle due, la velocità che riguarda, quasi sempre, le presenti applicazioni è quella laplaciana.
Del fatto che il suono sia un piccolo disturbo di pressione ci si può facilmente convincere con un aneddoto riportato in una delle edizioni della Enciclopedia Britannica.
Se in una notte di agosto si ha la ventura di passeggiare in aperta campagna, si può sentire a lungo un grillo cantare. In effetti è dimostrato che, in assenza di rumori di fondo, si può ascoltare il canto del grillo a più di un chilometro di distanza. Ciò significa che il grillo mette in movimento almeno tutta l’aria racchiusa in una semisfera di raggio un chilometro.
Questa semisfera ha un volume che può essere approssimato con 2R3 (dove R è il raggio della semisfera) e che quindi risulta 2·109m3. Poiché la densità dell’aria alla temperatura di 20°C (siamo in agosto) ed alla pressione di una atmosfera è pari a circa 1.2kg/m3, risulta che il grillo mette in movimento con il suo canto una massa pari a 2.4·109kg di aria.
I corrispondenti disturbi di pressione devono essere decisamente piccoli poiché la potenza sonora emessa dal violino del grillo è necessariamente limitata.
Si consideri, ora, un moto quasi unidimensionale, quasi stazionario, omoenergetico e isoentropico attraverso un condotto ad area variabile.
Ricordando che:
l’equazione di conservazione della massa in forma differenziale:
può essere scritta nella forma:
La forma differenziale dell’equazione del bilancio della quantità di moto è la seguente:
e tenendo presente che nella fattispecie si può porre:
(poiché si trascurano le forze viscose e quelle gravitazionali), si ottiene:
Sostituendo la relazione:
nella equazione prima trovata:
e ricordando la definizione del numero di Mach (laplaciano), si ottiene infine:
Attenzione: Anche per ricavare l’ultima relazione non è stata fatta alcuna ipotesi sul modello di gas per cui essa è valida qualunque sia il modello di gas utilizzato.
Per un gas più che perfetto è possibile ricavare la relazione:
che sostituita nell’equazione:
diventa:
Dato ora un ugello convergente divergente di cui sia nota la distribuzione dell’area della sua sezione retta A = A(x) in funzione della ascissa x fissata lungo l’asse del condotto, si ha:
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