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Antonella di Luggo » 3.Metrologia e teoria dell'errore


Introduzione

Se nella prima fase di approccio al rilievo la scelta dei punti significativi da rilevare è soggettiva e legata alla morfologia dell’edificio, al linguaggio architettonico dell’opera ed alla finalità del rilievo, la fase di misurazione vera e propria deve essere oggettiva e va eseguita definendo un metodo rigoroso con il più alto grado di precisione. In questa operazione di misurazione concorrono tre elementi fondamentali: l’unità di misura, il numero e l’incertezza.

…dicesi misura di una grandezza… qualsiasi metodo con cui si stabilisca una corrispondenza univoca e reciproca fra tutte le grandezze di un determinato genere e tutti i numeri interi, razionale e reali secondo il caso … la misurazione richiede una relazione uno – uno tra il numero e le grandezze in questione…

(B.Russel, I principi della matematica)

Attraverso la misura, l’oggetto si trasforma in numeri. Tale trasformazione è suscettibile di un certo grado di incertezza dovuto ad errori di varia natura. L’esigenza di introdurre l’incertezza nasce da una osservazione sperimentale: la ripetizione della misura di una medesima grandezza in talune condizioni porta a risultati diversi. Tali differenze possono essere causate da errori presenti nell’atto del misurare.

Ha collaborato alla redazione di questa lezione l’arch. A. Paolillo.

La metrologia

La Metrologia è la scienza che si occupa della la misurazione delle grandezze fisiche cioè che studia i principi e i metodi per effettuare la misurazione di tali grandezze. Il suo scopo è quello di stabilire alcune grandezze fisiche come unità di misura e di definire i corretti procedimenti di misurazione cioè di relazione tra una quantità da misurare e la relativa unità di misura.

La metrologia è quindi una scienza multidisciplinare che per i suoi scopi si deve confrontare con aspetti prettamente teorici e pratici. La sua origine è antichissima ed è legata alla necessità di elaborare e adottare un sistema di misura univoco.

Misurare = operare un confrontro tra la grandezza da misurare e l’unità di misura.

La conoscenza dell’unità di misura adottata per costruire l’architettura del passato risulta strumento fondamentale per il rilievo. Di grande importanza sono quindi gli studi che hanno permesso di individuare, almeno per certi periodi, le misure adottate nei vari luoghi e in base alle quali veniva realizzata la costruzione di manufatti architettonici. La conoscenza delle unità di misura locale si rivela, inoltre, estremamente vantaggiosa quando si debbano estrapolare dati metrici da documenti scritti come contratti o atti redatti prima dell’adozione del sistema metrico decimale.

F. Purini. Disegno esposto nella mostra “Come si agisce dentro l’architettura”, Acc. di Brera, 1993

F. Purini. Disegno esposto nella mostra "Come si agisce dentro l'architettura", Acc. di Brera, 1993


Sistemi di misurazione antichi

Egitto

In Egitto intorno al 3000 a.C. per le misure lineari ci si riferiva alla distanza tra il gomito e la mano, detta cubito (Stadio= 600 piedi= 210 m Multipli e sottomultipli: Cubito, piede, palmi, digiti). Il limite di tale unità di misura era costituito dal fatto che tale misura variava da persona a persona, quindi si scelse come riferimento la misura del cubito del faraone.

Anche Sumeri, Assiri, Babilonesi e Persiani avevano individuato delle unità di misura differenti che però rendevano difficoltosi gli scambi commerciali. Il primo ad imporre una fusione culturale tra popoli diversi e quindi l’adozione di un unico sistema di misurazione fu Alessandro Magno.

Cubito naturale = 45 cm; Cubito reale = 52,8 cm

Cubito naturale = 45 cm; Cubito reale = 52,8 cm

Piramide di Giza: ml 230,35 = 440 cubiti reali (cm 52,35)

Piramide di Giza: ml 230,35 = 440 cubiti reali (cm 52,35)


Sistemi di misurazione antichi

Grecia

Nell’antica Grecia l’unità di misura adottata era l’orgìa equivalente a circa 177,6 centimetri, pari a due braccia distese. Come quasi tutte le unità di misura antiche faceva riferimento alle misure del corpo umano e si riferiva all’altezza dell’uomo; veniva divisa in quattro parti corrispondenti ai cubiti. Ogni cubito equivaleva ad un piede e mezzo, per cui l’orgìa corrispondeva a 6 piedi. La lunghezza dell’orgìa variava in rapporto alla misura piede, o del cubito, da cui essa derivava.

Roma

Il piede romano, di derivazione greca, è definito come 16/28 del cubito egiziano di Nippur che misura 51 centimetri circa.

Secondo tale rapporto il piede romano misura circa 29,64 cm. La divisione del piede in dodici pollici venne introdotta soltanto nel medioevo.

Piede attico: 29,6 cm; Piede olimpico: 30,8cm; Piede ionico: 27,75 cm; Piede = 4 palmi = 16 digiti

Piede attico: 29,6 cm; Piede olimpico: 30,8cm; Piede ionico: 27,75 cm; Piede = 4 palmi = 16 digiti

Piede romano di derivazione greca = 29,56 cm

Piede romano di derivazione greca = 29,56 cm


Unità di misura XVI e XVII secolo

Unità di misura lineare in uso prima dell’adozione del sistema metrico decimale

Braccio = 0,6853 metri a Venezia; 0,5421 metri a Napoli; 0,58 metri a Firenze. Notevoli oscillazioni si avevano fra il braccio a terra, usato per misurare appezzamenti di terreno agricolo, foreste e architetture, e il braccio a panno, adottato prevalentemente per le pezze di stoffa.

Canna = 8 palmi avente valore di 2,109360 metri (in base all’editto del 6 aprile 1480, emanato da Ferdinando I d’Aragona). La canna era utilizzata nel commercio dei tessuti e nelle misurazioni inerenti a costruzione di fabbricati; nella pratica era pari a 2,12 metri (considerando ogni palmo di 26,5 centimetri). La legge del 6 aprile 1840, emanata da Ferdinando II, stabilì che doveva utilizzarsi la canna lineare composta da 10 palmi avente valore di 2,6455026455 metri.


Misure italiane nel XVIII e XIX secolo

Palmo

Valore variabile a seconda dei luoghi e dei tempi: il palmo veneziano antico = 0,3774 metri; il palmo napoletano = 0,2633333670 metri (dal 1480 al 1840); = 0,26455026455 metri (dopo il 1840).

Piede

Valore variabile a seconda dei luoghi.

Il piede napoletano = 0,3349 metri (usato sin dall’XI secolo); Il piede francese o piede regio di Parigi = 0,324839 metri (usato anche nel Regno delle Due Sicilie).

Inoltre la stessa unità di misura prendeva nomi differenti a seconda delle diverse regioni e delle attività per le quali veniva impiegato: ad esempio il Piede da falegname o Piede da fabbrica o Piede agrimensorio o Piede censuario.

Misure lineari in Italia nel XVIII e XIX secolo

Misure lineari in Italia nel XVIII e XIX secolo


Unità di misura antropometriche – il piede

Unità di misura locali e misure antropometriche, legate cioè alle misure del corpo umano o al lavoro degli animali:

  • antico piede romano (cm 30,8);
  • piede (4 palmi);
  • piede (12 once o pollici grandi);
  • piede (16 dita o pollici piccoli);
  • piede romano “giusto” (cm 29,7);
  • piede di Norimberga (cm 29,7);
  • attuale piede romano;
  • antico cubito romano (cm 22,4);
  • piede di Parigi (cm 34,4).

Di solito, il piede reale veniva suddiviso in 12 parti, dette dita o pollici ognuna delle quali si suddivideva in altre 12 parti, dette linee. L’intero piede risultava così composto da 144 linee. In Italia il piede antico romano, detto anche piede di Vespasiano, aveva come sottomultipli le once o pollici grandi, di cui ne occorrevano 12 per formare un piede. Ciascuna oncia, a sua volta, veniva suddivisa in 100 parti cosicché un piede corrispondeva a 1200 di queste suddivisioni.

Passo = 2 piedi; Passo semplice = 2, 5 piedi; Passo doppio = 5 piedi

Passo = 2 piedi; Passo semplice = 2, 5 piedi; Passo doppio = 5 piedi

Ryff, 1547. Tavola di ragguaglio delle unità di misura antiche e attuali

Ryff, 1547. Tavola di ragguaglio delle unità di misura antiche e attuali


Il sistema metrico decimale

Prima della definizione del metro, l’unità di misura di riferimento era il piede reale di Parigi, con il quale venivano confrontate tutte le misure in uso in altri paesi. Esistevano infatti vari tipi di piede, con lunghezze diverse, poiché ogni nazione o città sanciva la sua misura di riferimento. Il diritto di decidere quale unità di misura utilizzare era di competenza specifica di chi deteneva il potere per cui la sovranità metrologica assurgeva a simbolo del diritto di sovranità nel proprio stato e di libertà ed autonomia dagli altri sovrani.

Il sistema metrico decimale, basato cioè sul metro, grandezza naturale equivalente alla 40.000.000 parte del meridiano terrestre viene introdotto con la rivoluzione francese. In Francia fu adottato nel 1799, in via definitiva nel 1840. Nel 1820 fu adottato anche dal Belgio e dall’Olanda. In Italia venne adottato nel 1861 con la conseguente stesura di una serie di testi per equiparare le varie misure in uso a quel tempo, con il nuovo sistema decimale. Nel 1875 la convenzione del metro venne sottoscritta da 17 stati. Materialmente il metro è rappresentato da un asta di metallo costituito da una lega indeformabile di platino, al 10% di iridio e metalli rari. Nel 1983, a Parigi, durante la XVII Conferenza Generale di Pesi e Misure, venne ridefinito così: “Un metro è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo pari a 1/299 792 458 di secondo“.

Targhe in marmo di confronto tra il doppio braccio ed il metro

Targhe in marmo di confronto tra il doppio braccio ed il metro

Lapide in marmo (1862) con incise le antiche misure comparate con il sistema metrico decimale

Lapide in marmo (1862) con incise le antiche misure comparate con il sistema metrico decimale


Teoria dell’errore

L’esigenza di introdurre il concetto di incertezza nelle operazioni di misurazione nasce da una osservazione sperimentale: la ripetizione della misura di una medesima grandezza in talune condizioni porta a risultati diversi. Ogni ripetizione del processo di misurazione comporta infatti delle fluttuazioni accidentali che generano perciò piccole variazioni nel valore ottenuto della lunghezza misurata. Il risultato di ogni operazione di misura dovrà quindi esser associato al grado di incertezza stimato per quella operazione.

Inoltre, quanto maggiore è il numero di misurazioni, tanto maggiori saranno le discordanze fra le ripetizioni della misura. Tali discordanze derivano da errori sempre presenti nell’atto del misurare e dovuti a cause differenti che impediscono a priori di pervenire all’esatta determinazione della misura finale. Per correggere tali errori si ricorre a leggi statistiche che costituiscono il campo di applicazione della teoria dell’errore.

Parametri dell’incertezza

Lo scopo della teoria degli errori è quello di scegliere, sulla base di un certo numero di osservazioni, come valore finale da assumere per una misura quello che, tra tutti quelli deducibili abbia la massima probabilità di coincidere con un valore vero. La teoria dell’errore stabilisce un criterio univoco per giudicare la precisione delle misurazioni eseguite e il valore della grandezza osservata, nella consapevolezza che gli errori accidentali non saranno eliminati ma compensati secondo leggi matematiche.

L’errore implica uno sbaglio determinato da una causa oggettiva. L’incertezza è invece connaturata alla natura del soggetto e delle operazioni.

Si dice che una misura è compatibile solo dopo aver ripetuto più volte l’operazione ed aver operato ripetuti confronti.

I parametri dell’incertezza sono:

1. Incertezza dell’oggetto da misurare (incertezza intrinseca)

Attraverso un numero si costruisce un modello capace di quantificare la qualità di un oggetto.

Nel rilievo dell’architettura si usa la quantificazione delle lunghezze per definire la dimensione degli elementi, ma il numero che esprime la quantità non è sufficiente ad esprimere tutte le caratteristiche dell’oggetto che si sta misurando.

Considerare la diversa natura dei materiali, la diversa lavorazione, ecc.

Parametri dell’incertezza (segue)

2. Stato dell’oggetto da misurare

L’oggetto subisce l’influenza dell’ambiente che lo circonda. Al variare dell’umidità e della temperatura variano le dimensioni, come accade per i ponti autostradali o per la cupola di San Pietro (il diametro varia di alcuni centimetri se misurato d’estate o d’inverno).

3. Procedimento di misurazione

Ad ogni procedura corrisponde un certo grado di incertezza (la lettura fatta con un unico strumento di misura di due metri sarà diversa da quella ottenuta accostando due aste di un metro).

4. Strumento di misurazione

I metri saranno più o meno precisi ma nessuno sarà identico al metro campione. Tra l’altro interviene anche lo stato: anche in questo caso l’influenza della temperatura crea forti variazioni.

5. Operatore

Anche l’operatore contribuisce all’incertezza nella scelta della la posizione degli strumenti di misura e nella lettura del valore misurato. È demandato all’operatore l’apprezzamento del valore quando una lettura ricade tra due gradazioni successive di uno strumento di misura. Il potere separatore dell’occhio è di mm 0,1. Dunque non è possibile apprezzare valori al di sotto di tale entità.

Precisione ed accuratezza delle misurazioni

Ogni misurazione comporta quindi un confronto con un riferimento noto, di conseguenza non può essere considerata completa se non comprende l’indicazione della sua incertezza, o il suo grado di affidabilità. L’incertezza deriva sia da effetti casuali, che si manifestano come variazioni dei risultati ottenuti ripetendo una misurazione, sia da effetti sistematici, in un certo senso intrinseci al procedimento usato, che quindi non variano durante la misurazione ma possono comunque essere causa di errori rilevanti. Mentre gli effetti casuali e l’errore che ne deriva possono essere ridotti con l’applicazione di tecniche statistiche, gli effetti sistematici devono essere studiati e valutati in sede di misurazione e devono essere sempre indicati esplicitamente come parte del risultato. Se l’errore casuale è piccolo la misura si dice precisa, ossia definita entro limiti ristretti; se sia l’errore casuale sia quello sistematico sono piccoli, allora la misura è accurata, cioè vicina al valore reale della grandezza in esame.


Classificazione degli errori

  • Errori grossolani: una serie di misurazioni porta a valori che si discostano nettamente tra loro. Sono dovuti essenzialmente alla disattenzione o alla poca perizia dell’operatore. Si annotano e si eliminano ripetendo un numero esuberante di misure per poter in seguito eseguire delle verifiche.
  • Errori sistematici o regolari: si manifestano regolarmente al ripetersi delle misurazioni e sono da imputare a varie cause, quali difetti strumentali, strumenti calibrati in modo errato o strumenti imprecisi. Per correggerli, oltre al controllo ed eventuale ricalibro dello strumento, si ricorre a leggi deterministiche.
  • Errori accidentali o random: si presentano in modo diverso ad ogni misura e quindi sono imprevedibili. Non sono eliminabili ma riducibili aumentando la precisione dello strumento, oppure ripetendo più volte la stessa operazione.
Tab. riassuntiva dei diversi tipi di errore

Tab. riassuntiva dei diversi tipi di errore


Errori di graficismo

Nella fase di restituzione dei dati di rilievo, l’oggetto rilevato viene rappresentato mediante un disegno in scala sul quale non verranno riportate tutte le quote rilevate. Se misurassimo il disegno otterremmo per ciascun elemento rappresentato valori diversi da quelli ottenuti dalla misurazione dei corrispondenti elementi della realtà. Anche il disegno, per sua natura, presenta un’incertezza dovuta al cosiddetto errore di graficismo.

Tale errore deriva dalle caratteristiche del segno con cui le linee vengono tracciate e dal limite derivante dal potere separatore dell’occhio. Il suo valore è valutabile intorno ai 2-3 decimi di millimetro. Poiché l’errore di graficismo rimane costante al variare della scala del disegno, nello stabilire la precisione di un rilievo, si deve tenere conto a priori della scala di restituzione finale. Molte volte infatti risulta inutile cercare di ottenere un’incertezza inferiore all’errore di graficismo. Pertanto, per le scale più piccole fino 1:100 si fa coincidere l’incertezza con l’errore di graficismo.

Errore di graficismo in rapporto alla scala di rappresentazione

Errore di graficismo in rapporto alla scala di rappresentazione


Le lezioni del Corso

I materiali di supporto della lezione

Immagini da M.Docci, D. Maestri, Manuale di rilevamento architettonico e urbano, Roma 1998.

Kula, W., Le misure e gli uomini dall'antichità ad oggi, Laterza, 1987.

Salvatori, M., Manuale di metrologia per architetti studiosi di storia dell'architettura ed archeologi, Liguori, 2006.

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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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