Orazio = callida iunctura, equilibrio ars-ingenium, uso del dialogo, serena narrazione, equilibrio strutturale del componimento.
Persio = acris iunctura, prevalere dell’ingenium, uso della metafora stridente, attenzione alle cose e al particolare minuto, attacchi violenti, dialogo fittizio con scarsa delineazione dell’interlocutore, quasi tormentato monologo.
Cicerone de oratore III 157-166 e Quintiliano VIII 6, 4-18 = metafora funzionale alla chiarezza al testo.
Retorica I sec. d.C.: metafora come strumento di accentuazione delle possibilità espressive dell’artista.
Uso arduo e tortuoso, ipertrofia dell’immaginazione, accentuazione del processo di straniamento.
Sistema di metafore: metafora chiave dell’intero componimento accompagnata da metafore secondarie.
Esemplificazione: satira I.
Metafora principale: effeminatezza e degrado animalesco = poesia contemporanea.
vv. 53 … calidum scis ponere sumen (parte inferiore addome scrofa) collegata a pinguis aqualiculus protenso sesquipede extet (v. 57), grottesco ritratto del ghiottone.
vv. 103-105 le immagini della virilità (testiculi-vena) si disciolgono e si sfibrano nell’acqua e nei liquidi che affollano i versi (saliva-labris-udo).
Immagini grottesche, effeminatezza dei modi, giustapposizione di descrizioni contrastive = denunzia della degradazione della poesia contemporanea.
Eccessiva propensione all’erotismo frutto della tendenza di Persio alla malinconia.
La malinconia snerva debilita toglie forze = abuso dell’immagine dell’effeminatezza nelle satire persiane.
Atto sessuale disegnato senza implicazioni psicologiche ma come accumulazione di particolari sordidi e grotteschi.
Difficoltà a concepire l’incorporeità propria del malinconico = ricorso all’osceno e sovrabbondanza della metonimia.
Esempi di metonimia:
Impossibilità di proporre la satira come rimedio all’immoralità = ricorso all’indignatio (I 79 si natura negat, facit indignatio versum).
Denunzia dei vizi della società romana = astio di un esponente del ceto medio italico.
Rifiuto della morale consolatoria e uso dei toni aggressivi.
A disegnare la pochezza della vita umana basta l’esclamazione, dall’andamento proverbiale di X 172-173, … mors sola fatetur/quantula sint hominum corpuscula, dove la grandezza dell’uomo (homo) è schiacciata tra i due diminutivi.
Continue descrizioni parodistiche giocate sul grottesco dell’aspetto fisico: 6, 144-45
tres rugae subeant et se cutis arida laxet,/ fiant obscuri dentes oculique minores; 461-63 interea foeda aspectu ridendaque multo/ pane tumet facies aut pinguia Poppaeana/ spirat et hinc miseri viscantur labra mariti.
Splendido ritratto di Messalina (VI 127ss.) dove la dignità principesca è contaminata dall’abiezione dell’agire e dal degrado dell’ambiente circostante:
mox lenone suas iam dimittente puellas/tristis abit, et quod potuit tamen ultima cellam/clausit, adhuc ardens rigidae tentigine volvae, /et lassata viris necdum satiata recessit, /obscurisque genis turpis fumoque lucernae/foeda lupanaris tulit ad pulvinar odorem.
Sat. X 147-167 denunzia dell’avidità umana attraverso l’esempio della rovina di Annibale, condottiero dall’eccessiva ambizione.
Annibale è sì in groppa a un grandioso elefante ma è “guercio”, luscus, piccolo tocco fisico che rende grottesca tutta l’impresa.
Non si può affidare il comando del mondo ad un guercio.
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