In materia di iter della legge, invece, le due Camere si attengono alla stessa procedura, la quale si conforma al modello britannico delle tre letture in cui, tuttavia, la Commissione Permanente competente ratione materiae (alla Camera o al Senato) svolge la funzione referente e redigente e, nella maggioranza dei casi, anche deliberante in quanto la terza lettura consiste nella sola dichiarazione di voto.
Le commissioni del Congresso assumono pertanto la funzione legislativa.
L’iniziativa legislativa spetta a ciascuno dei membri delle due Camere e, soltanto in materia di imposte, essa è riservata ai rappresentanti, pur restando ai senatori il potere di proporre emendamenti quando il testo perviene al loro esame.
Video: Le Lobby in Congresso
Video: L’iter della legge
Il principio del bicameralismo sostanzialmente perfetto impone che le due Camere votino la legge nello stesso testo e, nel caso siano apportate modifiche:
Video: Le commissioni
Approvata dalle due Camere separatamente, la legge ha completato l’iter legis in Congresso ma ancora deve essere sottoposta al Presidente degli Stati Uniti d’America per la firma.
La firma presidenziale alle leggi è tutto meno che un atto dovuto; tale atto, infatti, non costituisce uno strumento di controllo ma rappresenta una vera e propria manifestazione di consenso che, pertanto, può anche essere negato.
Attraverso la firma, dunque, il Presidente influenza con forza l’attività del Congresso condividendo la funzione legislativa che, tuttavia, rimane competenza propria del Congresso.
Il rifiuto della firma non è infrequente e può consistere in:
Nel ventesimo secolo i Presidenti hanno fatto un elevato ricorso al veto motivato come strumento per implementare l’attuazione dei propri programmi di governo e confermare l’indirizzo politico.
Il veto presidenziale. Fonte: Va Local Government
Il procedimento di revisione costituzionale è previsto all’articolo V della Costituzione che stabilisce una procedura aggravata con elevati quorum d’approvazione degli emendamenti.
Si tratta di una procedura molto complessa e ciò è evidenziato dal numero veramente irrisorio di emendamenti apportati alla Costituzione nei suoi 200 anni di applicazione.
Infatti, escludendo i primi dieci emendamenti che compongono il Bill of Rights, entrato in vigore con pochi anni di ritardo rispetto alla Costituzione, ed escludendo il XXI emendamento che ha annullato il XVIII, in tutto sono stati introdotti solo 15 emendamenti, nessuno dei quali ha inciso sulla forma di governo né sulla forma di stato, lasciando sostanzialmente immutato l’impianto originario.
Anche nella procedura di revisione della Costituzione è possibile riscontrare il principio federale per il ruolo attivo svolto nel procedimento dagli Stati membri.
La revisione, infatti, può essere proposta:
Successivamente l’emendamento viene sottoposto all’approvazione degli Stati ed è ratificato se è accolto favorevolmente dagli organi legislativi di almeno tre quarti degli Stati o da apposite convenzioni, istituite su base statale.
È da notare, infine, che sussiste un solo limite al potere di revisione costituzionale sancito dallo stesso articolo V, laddove prescrive che “Nessuno Stato, senza il proprio consenso, verrà privato del diritto ad avere un numero di senatori pari a quello degli altri Stati”.
Il procedimento utilizzato per gli emendamenti. Fonte: Instructional Technology Services
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Maria Elisabetta de Franciscs, L'Organizzazione della Presidenza negli Stati Uniti d'America per i Rapporti con il Congresso, in <1989> Rivista di Scienze Politiche, Anno II, n. 2/1992, pp. 307-324.
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