Rappresentare un oggetto attraverso l’utilizzo del metodo delle proiezioni ortogonali, in sintesi, equivale a proiettare lo stesso su due o più piani di rappresentazione da centri di proiezione impropri secondo direzioni ad essi ortogonali. Ciò determina la graficizzazione discreta dell’oggetto unitario attraverso due o tre immagini autonome tra loro opportunamente correlate. In realtà la scomposizione dell’oggetto è una operazione indispensabile, che si attua per ognuna delle proiezioni mongiane, e che tende a concepire le singole immagini, per quanto complesse, come la sommatoria di figure geometriche semplici; queste, a loro volta, definibili come l’insieme di punti, rette e piani, dunque di enti geometrici fondamentali.
La rappresentazione ortogonale degli oggetti si riduce alla individuazione della corretta proiezione perpendicolare degli enti geometrici singolari che caratterizzano la forma degli stessi.
Il metodo della doppia proiezione ortogonale consente di ottenere del medesimo oggetto infinite rappresentazioni bidimensionali regolate dalla posizione che lo stesso assume all’interno del riferimento geometrico spaziale definito dai piani di proiezione.
E’ pratica consuetudine disporre l’oggetto in modo da garantirne il parallelismo tra le sue superfici principali ed i piani di riferimento così che vengono a definirsi due categorie di proiezioni:
I piani di rappresentazione possono intersecare il corpo dell’oggetto o essere posizionati esternamente ad esso, più raramente si dispongono in tangenza.
Nel primo caso, il piano di rappresentazione si colloca in modo da tagliare l’oggetto e definirne le proiezioni in sezione che determinano, per proiezioni verso il basso su piani orizzontali, le piante propriamente dette o icnografie.
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